Per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale le generazioni nate in Europa che non hanno conosciuto né guerre, né carestie, né epidemie devono fare i conti con una nuova forza distruttiva: il Coronavirus. Si è persa la memoria collettiva delle rovinose pandemie – peste, colera, tifo, ecc. – che hanno imperversato nel Vecchio Continente dal XIV al XVIII secolo, modificando le strutture economiche, bloccando la crescita demografica e cambiando il volto delle città. La pandeconomia, ovvero l’economia che scaturisce dall’impatto con una pandemia, è oggi tornata sulla scena, lasciando prima incredule e poi nel panico le popolazioni occidentali. La pandeconomia sta modificando la nostra vita quotidiana, nel bene e nel male, e ci apre le porte del futuro caricandoci di responsabilità. Siamo di fronte a un bivio: riprendere la vecchia strada, con tutto quello che ne consegue in termini di disuguaglianze sociali, inquinamento e distruzione dell’ecosistema, o procedere verso un’equonomia, ovvero la ricerca di un equilibrio tra uomo e habitat, fondato sull’equità, sugli insegnamenti e i valori positivi che questa crisi ha fatto emergere.